Viaggio nel cuore nero dell’Europa
Nel silenzio assordante dei media italiani, nel balbettio stentato della politica, c’è un Paese – al centro dell’Europa – dove spira forte il vento del nazionalismo. E’ l’Ungheria di Victor Orban: uno governo autoritario che si aggira indisturbato come uno spettro in Europa. Victor Orban si presenta davanti al suo popolo come il difensore dell’orgoglio nazionale contro il nemico comune, l’Europa del rigore e dell’austerità, alimentando la linfa del (ri)sentimento anti-europeo che oggi attraversa l’Europa, da ‘Alba Dorata‘ in Grecia fino ad ‘Alternative fur Deutschland‘ in Germania.
Il 9 Maggio, nel giorno della Festa dell’Europa, abbiamo scelto simbolicamente di partire con i ragazzi di LaBo, la scuola di formazione del PD di Bologna, per andare prima a Budapest e poi ad Auschwitz. Due tappe non casuali.
Per non dimenticare: perchè la memoria è il luogo dell’anima dove affondano le radici del nostro impegno per ricordarci da dove veniamo.
Per non rimanere inerti: perchè il ricordo si trasformi in testimonianza attiva di pensiero ed azione, esiziale anticorpo di democrazia, per sapere dove vogliamo andare e quanta strada abbiamo ancora davanti.
A Budapest la nostra delegazione ha incontrato l’europarlamentare Zita Gurmai, Presidente delle Donne del Partito socialista europeo.
E’ stato un incontro intenso, informale, a tratti toccante. Zita Gurmai ci ha raccontato la delicatissima situazione ungherese dove un governo autoritario comprime fortemente i diritti fondamentali.
Qui potete ascoltare alcuni frammenti del suo intervento
Più in particolare, abbiamo discusso delle recenti riforme del Governo Orbàn contro il pluralismo dei media, contro i lavoratori indipendenti ed i sindacati, contro l’indipendenza della magistratura, contro la libertà di voto, contro la tutela delle minoranze. Quanti di noi sono consapevoli che meno di un anno fa, alcuni esponenti di Jobbik, il partito di estrema destra, presentarono in Parlamento la proposta shock di schedare tutti gli ebrei che attualmente svolgono funzioni pubbliche?
Nell’indifferenza generale mezzo milione di persone, per la maggior parte giovani e professionisti, sono emigrate dall’Ungheria, lasciandosi alle spalle la paura e la rassegnazione.
Quanto ancora dovremo aspettare prima di avere una voce forte contro chi oggi costituisce una seria minaccia per la democrazia in Ungheria ed in tutta l’Europa?
A ben vedere, ai sensi dell’art. 7 del TUE, le istituzioni europee avrebbero il potere di minacciare la sospensione del voto dell’Ungheria. Il problema non è solo giuridico. Ma politico. Perchè ad ogni scelta politica corrisponde un desiderio. E qui sta il punto: le istituzioni europee, in primis, il Parlamento europeo, hanno il desiderio e la forza di parlare con una voce unica in difesa della democrazia e dei diritti fondamentali? Tutto questo al di là delle formule di rito e delle dichiarazioni di circostanza. E, dall’altro lato, siamo davvero sicuri che una proposta di sospensione dell’Ungheria del diritto voto sia idonea a colpire il Governo Orban? Non finirebbe per ritorcersi contro la popolazione ungherese che già oggi soffre per la profonda crisi economica e sociale?
In breve, quali sono le alternative sul piano politico e giuridico che l’Europa ha oggi a disposizione per arginare la deriva autoritaria dell’Ungheria?
A volte prima di avere delle facili risposte preconfezionate è importante porsi le domande giuste.
In una democrazia matura questi temi di politica europea, così come altre delicate questioni di politica estera, dovrebbe essere un quotidiano terreno di scontro e confronto tra forze politiche alternative. Invece in Italia questo tipo di dibattito latita e finisce per essere relegato ai margini della cronaca oppure viene confinato nelle speculazioni (più o meno erudite) di dibattiti accademici. Tra l’indifferenza e l’ignoranza dell’opinione pubblica.
Eppure se la politica vuole acquistare credibilità deve riacquistare un respiro più ampio ed uno sguardo più profondo, senza avere il fiato corto di chi rincorre le scadenze elettorali.
Deve saper stare tra le persone. Essere lì, al centro dei problemi. Sapere ascoltare e dare risposte.
Ad ogni scelta corrisponde un desiderio.
Ripartiamo dalla formazione. Ripartiamo dai giovani. Ripartiamo dall’Europa.
17 Maggio 2013