Le prossime elezioni saranno finalmente europee?
Un burqa mediatico continua ad avvolgere l’Unione Europea, con la complicità di una politica nazionale troppo auto-referenziale per riuscire ad allargare il proprio respiro ideale e il proprio orizzonte oltre i confini nazionali.
Sono cambiate le regole per le elezioni europee del 2014 che, giusto per la cronaca, si svolgeranno – almeno in Italia – il prossimo 24 e 25 maggio.
Saranno elezioni decisive per cambiare la rotta delle politiche europee, per uscire dai binari del rigore e dell’austerità e per orientarle verso la crescita e la solidarietà, nella prospettiva di un’Unione politica e non solo economica e monetaria.
Cambiano le regole per le elezioni europee, ma sarebbe superficiale ridurre la modifica ad una mera questione di regole. Cominciamo a fare qualche esempio.
1) Per le elezioni europee del prossimo anno i partiti politici dovranno nominare i propri candidati sei settimane prima delle elezioni.
Com’è noto, in Italia la legge elettorale ha reso afono il diritto di scelta dei cittadini, recidendo il legame tra eletti ed elettori per dar luogo ad un parlamento nominato dai partiti ma scarsamente rappresentativo del popolo italiano. Strana vicenda quella del Porcellum: una legge elettorale che a parole non piace a nessuno, ma che in fondo fa comodo a molti. Ha ragione chi individua in questa legge elettorale la causa principale del crescente astensionismo e della disaffezione degli italiani verso la politica. Ma sarebbe sbagliato ridurre tutto ad un problema di mancata riforma della legge elettorale. Basta gettare lo sguardo oltre i confini nazionali. La scure del Porcellum non tocca la legge elettorale per le europee. I candidati alle elezioni europee vengono scelti attraverso le preferenze. Eppure il tasso di astensionismo alle prossime elezioni europee si preannuncia il più alto della storia della nostra Repubblica. E negli altri Paesi europei il quadro non è migliore. Anche per questo, l’Europa cerca di ricorrere ai ripari modificando alcune regole. Per esempio, si è deciso che i candidati alle europee avranno almeno due mesi di tempo per fare una campagna elettorale, girare tra i territori di grandi circoscrizioni elettorali, farsi conoscere dagli elettori e soprattutto proporre (oso troppo?) idee politiche per il cambiamento in Europa. Auspicabilmente parlando per la prima volta di Europa alle politiche europee (ma non dovrebbe essere ovvio?), anzichè di ICI come fatto nel 2009.
O dovremo aspettarci anche l’anno prossimo una penosa discussione tutta italica, con i partiti che ‘scendono a singolar tenzone’ stracciandosi le vesti per l’abolizione dell’IMU e delle Province?
La richiesta di cambiamento e rinnovamento passerà dai volti e dalle idee dei nuovi candidati? O avremo ancora una volta la scelta delle candidature alle elezioni europee intesa come premio alla carriera?
Un dibattito politico serio e maturo affronterebbe questi ed altri temi. In Italia tutto tace. Anche qui, credo che l’assenza di un confronto faccia comodo a molti.
2) I partiti dovranno dichiarare il proprio candidato per la Commissione europea.
Nell’intenzione dei proponenti, l’idea di avere diversi candidati alla Presidenza della Commissione europea dovrebbe animare il dibattito politico sulle europee. Un candidato progressista contro un candidato conservatore (più un liberale? un esponente dei verdi?) chiamati a confrontarsi con i programmi elettorali per guidare quello che potrebbe diventare un vero organo esecutivo europeo. Insomma, una scelta di non poco conto.
Ma i partiti politici nazionali sapranno cogliere questa opportunità? Emergerà finalmente un dibattito sul ‘senso’ dell’Europa nel mondo con due visioni alternative chiamate a competere politicamente?
Personalmente, non credo proprio che sia sufficiente una modifica imposta con un tratto di penna per (ri)portare la politica europea al centro del dibattito pubblico. Nè che questa modifica – di per sè – possa riuscire a riportare l’Unione europea in sintonia con i propri cittadini. Certo, a meno che, i partiti politici non decidano di elevare il loro sguardo e porsi domande che richiedono una visione delle società e del mondo.
Volando più basso: quali saranno le discussioni ed i criteri per scegliere un candidato progressista e uno conservatore? La proposizione di diversi candidati alla Presidenza della Commissione europea sarà sufficiente per liberare la Commissione dal giogo degli egoismi degli interessi nazionali del Consiglio? L’Italia sarà in grado di affrontare il dibattito con maturità politica o supinamente la nostra classe dirigente si accoderà a quello che avranno scelto per noi la Francia e la Germania?
3) La scheda dovrà anche mostrare con chiarezza la propria appartenenza ai partiti nazionali nonchè il nome e il logo dei partiti politici europei a cui appartengono i partiti nazionali.
Sarà l’occasione per affrontare in profondità il dibattito sulla posizione del PD in Europa, analizzando il rapporto tra il Gruppo dei Socialisti & Democratici (cui il PD appartiene) e il Partito Socialista Europeo (cui una parte degli eletti e degli elettori del PD ritiene di appartenere)? Si riuscirà ad uscire dall’astrattezza di un dibattito su formule di partito – che eccitano gli animi dei soli addetti ai lavori, ma sono astruse per un normale cittadino – per far capire ai cittadini quale siano i valori e l’identità di un modero partito progressista e riformista che non guarda con nostalgia al passato, che non vive con paura il presente, ma che sia realmente capace di interpretare la speranza di cambiamento?
4) A partire dalle elezioni del 2014, il Parlamento europeo conterà meno seggi passando a 750 più il Presidente. Inoltre, con l’entrata della Croazia il 1 luglio 2013, i seggi andranno ri-distribuiti tra i 28 Stati membri.
Meno sarà meglio?
5) I partiti dovranno proporre più donne candidate.
Riuscirà la parità di genere a passare anche attraverso il coraggio dei partiti nazionali di candidare nuove donne alle prossime elezioni europee?
Non sarà certo con un cambiamento di regole che si riuscirà ad avere una campagna elettorale del 2014 più ‘europea’. Ma cominciare sin da subito a porsi queste e altre domande è importante per trovare le risposte e preparare il terreno ad una campagna elettorale finalmente europea. Altrimenti, è facile profezia pensare che gli italiani diserteranno le urne e si consoliderà l’astensionismo come primo partito in Italia ed in Europa.
A partire dalle elezioni del 2014, il Parlamento europeo conterà meno seggi elettorali perdendo 15 deputati e passando da 766 a 751. Come verranno distribuiti i seggi tra i 28 Stati membri? Il PE ha adottato mercoledì 13 marzo una proposta per una ripartizione equa e giusta, che rispetti i limiti imposti. Rispetto all’attuale situazione, sono tredici i paesi che perderanno un seggio elettorale (Romani, Grecia, Belgio, Portogallo, Repubblica Ceca, Ungheria, Austria, Bulgaria, Irlanda, Croazia, Lituania, Lettonia) in meno nella legislatura 2014-2019. La Germania conterà tre deputati. Ecco le cifre contenute nella proposta adottata dal PE il 13 marzo durante la sessione plenaria.
17 Giugno 2013