La sfiducia nei partiti e la nuova Festa
Come rispondere alla crescente e giustificata sfiducia dei cittadini nei partiti tradizionali? Come promuovere il rinnovamento della classe dirigente senza chiudersi in autoreferenziali disquisizioni su tatticismi, alchimie ed accordi da Prima Repubblica? In breve, come proseguire nella ‘riconnessione sentimentale‘ dei cittadini nella Politica? Con la forza del buon esempio…
Quando abbiamo lavorato alla programmazione della nuova Festa dell’Unità la nostra riflessione è partita affrontando questi ed altri interrogativi. Nella consapevolezza che forse è una delle ultime occasioni che abbiamo per dimostrare che il cambiamento non è solo nelle parole, ma nei fatti. Nella convinzione che ci sia tanta voglia di partecipazione e di buona politica da parte degli italiani. Nella speranza che da qui si possa ripartire per un cambio di rotta anche a livello nazionale. Non sono solo singoli progetti specifici: sono elementi di una visione che vede nella partecipazione, nell’apertura alla società civile e nella deliberazione delle primarie tematiche una leva identitaria, nel dialogo e nell’ascolto dei cittadini un meta-odos, nella libertà e nella solidarietà gli ideali di riferimento, nella giustizia sociale un obiettivo da perseguire per costruire una società più forte e coesa. Perché la sfiducia dilagante si può combattere solo con una rinnovata credibilità. E la credibilità si (ri)conquista con i fatti, non con le parole. In fondo, possiamo tornare ad essere un grande Paese quando lo vogliamo e quando ci ricordiamo di essere un popolo.
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Non solo una festa dedicata a Cevenini, ma una Festa nel segno del Cev. Non solo un atto dovuto, ma un gesto (purtroppo postumo) di gratitudine per quell’idea di ‘prossimità‘ che significa sapere stare tra la gente, sapere ascoltare i bisogni delle persone, credere nella forza gentile dei piccoli atti. Non (solo) un singolo evento: tutta la festa è stata concepita nel segno del Cev(enismo).
La Festa utile mette al centro il tema del lavoro. Certo, ‘il lavoro non è l’unica cosa: ma questo può pensarlo solo chi un lavoro c’è l’ha già’. La crisi economica si è inevitabilmente aggravata in una crisi sociale che cova sotto la cenere di un malcontento diffuso. Basta guardare i dati sulla disoccupazione giovanile che ha ormai raggiunto livelli di emergenza umanitaria; in pratica, stiamo svendendo la speranza di futuro di un’intera generazione. Ma il lavoro non è solo un problema dei giovani. E’ un problema del sistema-Paese. Per questo l’utilità della Festa vede nei servizi all’impiego ed all’orientamento professionale una piccola chiave di volta. Basta con il contrapporre sempre il mondo delle imprese con il mondo del lavoro: lavoriamo insieme per valorizzare le pratiche di quelle imprese che nella crisi hanno trovato la forza ed il coraggio di rinnovarsi ed essere competitive senza abbattere i diritti acquisiti dei lavoratori.
Nell’attuale situazione di crisi, di ha di più deve dare e fare di più. Si può essere credibili quando si chiedono sacrifici, solo se i privilegi se li toglie per primo chi ce li ha. Dietro la sfiducia nei partiti tradizionali c’è questo rigurgito di equità che non può e non merita di essere etichettato con la vuota formula dell’anti-politica. E allora, come fare? Con la forza dell’esempio.. Con l’immagine di 6000 volontari che lavorano ad un progetto comune perché ci credono e non chiedono niente in cambio. Con l’apertura dei ristoranti della Festa al mondo delle associazioni per dare un contributo morale e materiale a tutta quella parte silenziosa ed operosa della società civile che ogni giorno porta avanti e rende tangibili i valori fondanti della nostra Costituzione. Con una raccolta fondi per aiutare le popolazioni colpite dal terremoto. Ed ancora con l’auto-produzione negli spazi della Festa di energia pulita, con la distribuzione di acqua, con la creazione della città dei piccoli a misura di bambino, con last-minute market e mercati a km zero per cambiare gli orientamenti di una società bulimica fondata sul consumo e sullo spreco alimentare ma disorientata sul ben-essere. Ed i ‘big’? Per loro, da quest’anno niente ‘auto blu’. Verranno accompagnati all’area dibattiti da macchine elettriche. Certo, non una rivoluzione. Ma un segno..
Ed ancora, il tentativo di costruire un’ Europa diversa. Ora che la bandiera dell’Unione politica e l’idea degli Stati Uniti d’europa propugnata dai federalisti sin dal manifesto di Ventotene cominciano a diventare patrimonio comune del linguaggio politico, non possiamo fermarci a parlare astrattamente di più o meno europa, ma dobbiamo scegliere quale Europa vogliamo, declinando il concetto di integrazione politica europea nel campo dei diritti, dell’economia, del welfare, del lavoro, dell’ambiente, dell’energia, delle riforme istituzionali. Non si tratta di discutere su nuove cessioni di sovranità, ma di acquistare la consapevolezza che in un contesto globalizzato la difesa della sovranità nazionale può avvenire pienamente solo se esercitata coscientemente a livello sovranazionale. Per farlo non bastano i proclami dei vertici del Consiglio europeo: ci vogliono un rinnovato senso della cittadinanza europea e partiti politici europei. Ecco perché il lavoro con le delegazioni dei maggiori partiti progressisti europei trasformeranno per un weekend Bologna in un piccolo laboratorio di proposte per l’Europa di domani.
Non si tratta di singoli progetti, ma la visione di una nuova Politica come servizio per la Comunità in uno slancio di generosità per lasciare un Paese migliore di quello che si è ricevuto in eredità. Per imparare a pensare e guardare a ciò che viene dopo di noi. Per trasformare un Paese àncorato nella nostalgia del passato in un Paese che abbia la forza di riguadagnarsi la speranza nel proprio futuro.
BE THE CHANGE YOU WANT TO SEE IN THE WORLD
30 Giugno 2012