Programma punto 1

Cittadinanza

UNA NUOVA CITTADINANZA METROPOLITANA

Non bisogna contrapporre il centro e le periferie, ma ricucire le aree urbanistiche metropolitane e rammendare le periferie per contrastare le fragilità, le frammentazioni e le marginalità sociali, per favorire un’agenda urbana metropolitana che diffonda la cultura dell’integrazione.” (Renzo Piano)

VISIONE: Le città vengono vissute come il palcoscenico della nostra vita in cui le cose accadono. Un palcoscenico. Non un attore principale dotato di vita propria. Eppure le realtà urbane devono essere concepite come un organismo vivente, con una loro identità ed una chiara soggettività, per diventare il motore dello sviluppo e della coesione di una comunità. Da molti anni le riflessioni si concentrano su alcuni specifici problemi, comuni a molte realtà urbane, (per es., il consumo di suolo, la crisi dell’edilizia, il patrimonio abitativo invenduto e/ o inutilizzato, la mobilità ingolfata, le diseguaglianze sociali, una percezione di insicurezza diffusa, l’erogazione ed il controllo sui servizi pubblici locali) ma dimenticano di analizzare le politiche urbane in quanto tali. Non verificano il rapporto tra nuove forme di urbanità e nuove domande di cittadinanza. Non prestano dovuta attenzione a domande come questa: come cambiano i cittadini al cambiare delle città? La programmazione urbanistica ha contrapposto il centro alla periferia, concentrando le politiche locali alla cura del solo centro, salvo il bisogno di “rammendare” le periferie quando l’urgenza della sicurezza torna a farsi sentire. Siamo ad un paradosso: laddove il trionfo dell’urbanizzazione (pensiamo alle new towns arabe, allo sviluppo del concetto di ‘regione metropolitana’ da Pechino a Los Angeles) si afferma nel resto del mondo, l’Italia che è da sempre famosa in tutto il mondo per la bellezza delle sue realtà urbane ha messo in crisi il concetto tradizionale della “polis“.

I policy-makers sono chiamati ad assumere decisioni sulle politiche urbane sulla base dei bisogni e dei desideri dei cittadini. Se è vero che l’80% degli italiani vive in Città, ed è vero che gran parte di questi vive in piccoli comuni, è profondamente sbagliato contrapporre le realtà urbane a quelle di provincia. Si tratta piuttosto di ridefinire il concetto di “urbano” in funzione multiforme, multilocale e multiscalare, misurando la qualità della vita sulla base dell’indice dell’Istat che misura il benessere urbano. Inoltre, è essenziale rendicontare l’impatto delle decisioni amministrative prese e inquadrare le politiche urbane nel contesto nazionale, europeo ed internazionale (v. conferenza Habitat III del 2016).

Non l’autonomia ma l’interdipendenza è la chiave per ricostruire i rapporti tra soggetti istituzionali e le politiche. Pensare alla Città metropolitana di Bologna significa ragionare sulla prospettiva di governance di 1 milioni di abitanti. Significa che le decisioni strategiche che riguardano tutti devono essere condivise con gli organi decisionali maggiormente vicini alla rappresentanza della comunità locale su cui la decisione produrrà effetti, senza rimanere ostaggio degli egoismi delle singole comunità, ma perseguendo l’interesse generale dei cittadini metropolitani bolognesi

PROPOSTE: Verso una nuova cittadinanza metropolitana.

a) Elezione diretta del Sindaco della Cittá metropolitana da realizzare entro il 2019. Le prossime elezioni amministrative del 2016 non riguarderanno solo il Comune di Bologna perché eleggendo il Sindaco di Bologna si eleggerà anche il Sindaco della Città metropolitana di Bologna. Questo significa che il risultato delle elezioni non interessa solo gli elettori bolognesi, ma anche il 70% dei cittadini dell’area metropolitana che non saranno chiamati ad esprimere le loro opinioni attraverso il voto. Per questo motivo è fondamentale che la discussione pubblica coinvolga anche i cittadini della provincia di Bologna.

L’istituzione di un nuovo Ente per legge, non produce di per sé, il decollo delle Città metropolitane.Abbiamo di fronte un nuovo scenario, in cui la scommessa di riformare e semplificare il sistema delle autonomie locali si può vincere solo se va di pari passo con un progetto chiaro e condiviso di gestione del territorio e di sviluppo economico, sociale e civile. Significa riportare al centro il tema della governance della Città metropolitana, parlando dei contenuti e non (solo) del contenitore: a partire dalle funzioni della Città metropolitana, dall’autonomia di spesa, dalla capacità impositiva, dall’elaborazione strategica delle politiche urbane. Finché il vessillo sventolerà in via Zamboni e non in Palazzo d’Accursio, la Città metropolitana continuerà a rimanere un “oggetto politico non ancora identificato”. Certo, le scelte politiche hanno anche un costo. Ma continuare a non scegliere e lasciare la nuova istituzione nel limbo di un’identità irrisolta rischia di avere un costo maggiore. L’elezione diretta del Sindaco metropolitano comporta lo scorporo dei quartieri del Comune capoluogo. Tuttavia, il beneficio che deriva dalla costruzione di un soggetto politico forte, in grado di rappresentare circa un milione di cittadini e di competere con i principali sistemi urbani nazionali europei, è maggiore del rischio di perdita di funzioni e identità dei Quartieri. Rischio che verrebbe, in parte, attenuato salvaguardando l’identità storica dei quartieri che diventerebbero “Comune di Bologna-Navile/Comune di Bologna-Savena e così via). La creazione di un ente politico autonomo ad elezione diretta (al posto di un ente di coordinamento e rappresentanza dei comuni con elezione di secondo grado) rientra nella facoltà e nell’autonomia statutaria prevista dalla Legge c.d. Del Rio ed il 2019 è il termine per portare a termine la sfida per la creazione della nuova Città metropolitana di Bologna.

– Creazione dell’Ufficio Metropolitano di Euro-progettazione. La capacità di utilizzare i fondi che provengono dall’UE, ovvero di spendere e rendicontare puntualmente i fondi già stanziati, dipende dalla qualità e dalle competenze degli esperti di euro-progettazione presenti nelle nostre amministrazioni pubbliche. Esistono le risorse umane e professionali adeguate: non esiste al momento un centro strategico capace di sfruttare a pieno le potenzialità di cui la Città dispone. In questo contesto, considerando anche la crisi delle finanze pubbliche locali e le opportunità di crescita offerte dai fondi europei destinati alle realtà urbane, è fondamentale creare un Ufficio metropolitano di europrogettazione che sia da ausilio e supporto al Comune di Bologna ed a tutti i Comuni dell’area metropolitana, all’interno di indirizzi di priorità di investimento decisi in maniera congiunta negli organismi a ciò preposti. (cfr. l’utilizzo dei fondi UE sui PON Metro 2014-2020 con le priorità di azione sull’agenda digitale, la mobilità sostenibile, la green economy, l’innovazione sociale, il contrasto alle nuove povertà ed al disagio abitativo).

– Istituzione del Centro Urban@BO. Nella nostra città esistono tante esperienze virtuose, ma manca ancora un vero Centro di studi e ricerca, capace di produrre studi ed analisi, in partnership pubblico-privato, per misurare e valutare l’interdipendenza delle politiche urbane nell’area metropolitana. Se vogliamo davvero evitare di contrapporre il centro e la periferia, in conformità al Manifesto urbanistico di Renzo Piano (gruppo G124) che raccomanda di ricucire le aree urbanistiche metropolitane e rammendare le periferie per contrastare le fragilità, le frammentazioni e le marginalità sociali, la politica urbana deve diventare un elemento fondamentale della cultura dell’integrazione della nostra Città metropolitana. Del resto, questo orientamento è coerente con le recenti disposizioni della ‘Legge di stabilità’ che prevede fondi specifici per le periferie urbane. Perché è evidente che gli investimenti sull’illuminazione pubblica o sull’arredo urbano, per esempio, producono effetti sulla sicurezza e sull’identità cittadina. Il paradigma dell’interdipendenza è utile per avere dati certi e proiezioni affidabili su cui elaborare consapevolmente politiche urbane e della mobilità in chiave post-ideologica. Un nuovo Centro consentirebbe di adeguare il rapporto costo-beneficio delle opere, e di attualizzare le decisioni da prendere in merito alla strategicità di un’opera pubblica in base ai dati disponibili, senza attribuire veri e propri poteri di veto agli amministratori dei singoli territori, ma riconoscendo alla maggioranza del Consiglio metropolitano il valore delle decisioni strategiche per l’area metropolitana, in quanto espressione dell’interesse generale dell’area stessa.

Si tratta di (ri-)pensare alla Città metropolitana come perno del governo del nostro territorio, favorendo il più possibile processi di aggregazione e semplificazione dei livelli istituzionali che portino alle Fusioni (come in Valsamoggia) e alle Unioni di Comuni, salvaguardando le specifiche vocazioni dei singoli territori, per rendere più rapide ed efficaci le decisioni da prendere nell’interesse dei cittadini metropolitani bolognesi.