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Il nostro tempo

di Marco Lombardo

Credo che il compito di chi si candida ad essere la futura classe dirigente non possa essere solo quello di resettare il Partito, perchè ciò significherebbe ritrovarsi perennemente al punto di partenza. Credo che il nostro dovere sia invece quello di indicare una rotta, una direzione di marcia, proseguendo il lavoro che, soprattutto nei territori, è stato già iniziato in nome del rinnovamento, della trasparenza, della formazione politica dei giovani, della partecipazione delle donne, della dimensione europea ed internazionale.

In un Paese perennemente senza colpa, il gesto rivoluzionario è quello di colui che, con umiltà, oggi ammette i propri errori e si assume le proprie responsabilità. Davanti al Paese. Davanti al proprio elettorato. Davanti alla propria coscienza.

Il vortice impazzito di questi giorni ha intessuto la trama di quello che, con efficacia giornalistica, è stato definito un ‘Romanzo Quirinale’.

I fatti sono noti a tutti, per cui è arrivato il momento di concentrarsi sui giudizi politici. Dispiace dirlo, ma la Direzione nazionale del PD di ieri pomeriggio è stato un rituale distante, anche semanticamente, dalla contemporaneità. Non sarà con ‘il principio di realità’ che si risolveranno i problemi delle persone. Ma con risposte concrete alle emergenze economiche e sociali del Paese che si chiamano rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, soluzione alla drammatica situazione degli “esodati”, cancellazione dell’aumento dell’Iva, modifica della legge sulla cittadinanza ai bambini nati e cresciuti in italia, proroga dei contratti a termine in scadenza delle p.a., misure sull’emergenza sfratti, lotta contro la disoccupazione giovanile con incentivi fiscali per le imprese che vogliono assumere, alleggerimento della pressione fiscale sul lavoro, revisione dell’Imu orientata ad una maggiore giustizia sociale, investimento su ricerca ed istruzione, allentamento del Patto di Stabilità Interno, rilancio del Patto per la crescita a livello europeo. Solo per fare alcuni esempi.

Così come non sarà con ‘il principio d’ordine’ che si uscirà dalla dittatura dell’emergenza. Al partito feudale che è andato in scena su questi giorni, dilaniato dalle correnti e dallo sciacallaggio politico di 101 traditori, noi scegliamo di ripartire dall’art. 1 del nostro Statuto che recita ‘Il Partito democratico è un partito federale, costituito da elettori ed iscritti, fondato sul principio delle pari opportunità, secondo lo spirito degli artt. 2, 49 e 51 della Costituzione. Al partito di quanti si sentono ancora ex Ds ed ex Margherita, noi dobbiamo ripartire dallo spirito fondativo dei ‘nativi’ che hanno aderito con convinzione al Partito Democratico per guidare il futuro, senza paura, e senza avere gli occhi incollati sulla nostalgia del passato.

Al partito che chiede ai livelli locali di cedere quote di sovranità ai gruppi dirigenti nazionali, noi scegliamo il Partito dei territori che difende la sovranità degli iscritti e degli elettori affidando alla loro partecipazione ‘le decisioni fondamentali che riguardano l’indirizzo politico, l’elezione delle più alte cariche interne e la scelta delle candidature per le principali cariche istituzionali’ (art. 1, comma 2, dello Statuto del PD). Non solo banchetti e feste dell’Unità in cui emerge tutta la passione e la generosità della nostra Comunità. Non solo primarie per scegliere i candidati alle cariche monocratiche chiamando a raccolta il nostro popolo. Serve subito una regolamentazione che dia attuazione ai referendum interni. Perchè senza la base non esisteranno mai le altezze..

Ed infine, non sarà con una delega in bianco al Presidente della Repubblica che ripristineremo la Repubblica parlamentare e la dignità dei partiti politici. Trasparenza, onestà, passione, competenza e merito: questi i requisiti indispensabili di chi oggi si vuole impegnare nel difficile compito di ricostruire la fiducia nei partiti.

Ma soprattutto non sarà con un governo di larghe intese che potremo allearci con la coscienza dei nostri elettori. La fiducia il Governo Letta dovrà conquistarsela sul campo, con fatti e risposte concrete ai problemi dei cittadini. Il primo segno di discontinunità che il nuovo Governo deve sapere offrire sul terreno del cambiamento deve avvenire sui nomi dei ministri e sulla priorità delle proposte programmatiche.

Un’ultima riflessione. Forse sarò giudicato colpevole di lesa maestà, ma ritengo che continuare ad assimilare la votazione di Marini (anche per il metodo con il quale si è arrivati a quella candidatura) con quella di Prodi sia profondamente sbagliato e persino offensivo per i nostri elettori.

Finora, nessuno è riuscito a convincermi del contrario.’

24 Aprile 2013

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